di Gianfranco Catullo
La fotografia di matrimonio ha origini piuttosto antiche. Difficile fissare una data, e ancora più difficile individuare il primo fotografo matrimonialista della storia. Convenzionalmente il primo matrimonio fotografato in maniera ufficiale è quello della regina Vittoria d’Inghilterra e del principe Alberto nel 1840, ma nulla esclude che ci fossero già stati esperimenti di ripresa intorno al 1820, seppure molto meno illustri.
La fotografia di matrimonio ha origini piuttosto antiche. Difficile fissare una data, e ancora più difficile individuare il primo fotografo matrimonialista della storia. Convenzionalmente il primo matrimonio fotografato in maniera ufficiale è quello della regina Vittoria d’Inghilterra e del principe Alberto nel 1840, ma nulla esclude che ci fossero già stati esperimenti di ripresa intorno al 1820, seppure molto meno illustri.
La fotografia infatti, almeno
inizialmente, era affare da ricchi. Non dimentichiamoci che fino alla
prima metà del secolo scorso la presenza di fotografie negli scaffali
delle credenze era piuttosto rara e riguardava soltanto eventi
importanti come la partenza per il servizio di leva o la foto di
famiglia, sempre rigorosamente in posa e caratterizzata da atmosfere
austere e
poco naturali.
poco naturali.
Ma cosa avveniva prima dell’invenzione della fotografia?
Compiendo un balzo indietro nel tempo non possiamo non menzionare la
pittura e la scultura, le sole tecniche visive esistenti adatte a
ritrarre eventi eccezionali. Ma perché fotografare un matrimonio?
In generale, per ricordare un evento importante e non ripetibile, ma anche per mostrare qualcosa che mettesse in risalto il proprio status sociale e potesse renderlo noto agli altri. Nel corso degli anni la fotografia di matrimonio si è evoluta di pari passo con l’evoluzione tecnologica, e questo ha permesso la nascita di nuove forme espressive che hanno portato alla saturazione e al parziale abbandono delle precedenti.
In generale, per ricordare un evento importante e non ripetibile, ma anche per mostrare qualcosa che mettesse in risalto il proprio status sociale e potesse renderlo noto agli altri. Nel corso degli anni la fotografia di matrimonio si è evoluta di pari passo con l’evoluzione tecnologica, e questo ha permesso la nascita di nuove forme espressive che hanno portato alla saturazione e al parziale abbandono delle precedenti.
Ma partiamo dall’inizio. Le prime fotografie costituivano
dei veri e propri documenti storici: sposi rigorosamente in posa,
rigidissimi e senza sorriso riempivano un set composto da drappi e
fondali contornati da elementi architettonici dell'epoca. Questo
essenzialmente per due motivi:
1) La tecnica fotografica ancora "acerba", inevitabilmente
condizionata dai lenti tempi di scatto. Si era infatti costretti a
rimanere immobili per evitare il mosso e spesso gli occhi dei soggetti
venivano dipinti a mano sulla stampa per ottenere un risultato
adeguatamente realistico.
2) Le regole comportamentali, che imponevano nella maggior
parte dei casi l’occultazione dei sentimenti. Erano quindi bandite
pose spontanee, sorrisi e qualsiasi gesto estraneo alla pubblica decenza
tipica del periodo.
Successivamente, grazie all’invenzione del flash, le pose si sono
finalmente “sciolte” e con la produzione in grande serie di
apparecchiature fotografiche il numero di eventi ripresi è stato sempre
maggiore. Anche le pose dei soggetti si sono pian piano evolute (e
fortunatamente anche le regole della socialità) diventando sempre più
naturali ed esteticamente appetibili. Tralasciando le primissime
macchine fotografiche degli ultimi anni dell'Ottocento, l’attrezzatura
tipica del fotografo matrimonialista, nell’era della pellicola
analogica, era composta da una macchina di "medio formato" corredata da
una, al massimo due ottiche ed un flash.
La svedese Hasselblad, in particolare, riuscì a
rivoluzionare il modo di fotografare, garantendo una sufficiente
maneggevolezza ed una qualità d’immagine senza compromessi. Subito dopo
è stata la volta del "piccolo formato" che ha inaugurato la diffusione
delle prime fotocamere reflex: a fronte di una certa perdita di
definizione nelle stampe di grandi dimensioni, ha regalato una comodità
d’uso ancora maggiore, trasportabilità estrema e la possibilità di
utilizzare un gran numero di ottiche dedicate. Oggi, nonostante
l'indiscussa qualità, quasi nessun fotografo adopera il medio formato
(digitale o analogico che sia) per fotografare i matrimoni, dato che la
moderna reflex digitale comporta un gran numero di vantaggi riuscendo a
migliorare ogni aspetto tecnico dei suoi predecessori.
Ma gli stili? Tassonomizzare in maniera rigorosa gli innumerevoli
stili fotografici risulterebbe pressoché impossibile, dunque mi
limiterò a citare i due che ritengo più significativi e maggiormente
inclusivi.
- Lo stile classico, definito in maniera generica
“ritrattistico” o “in posa”, prevede chiaramente che gli sposi
rivolgano lo sguardo verso l’obiettivo, che sorridano o comunque
assumano posture ed espressioni indotte e non sempre naturali. Anche
gli invitati, o più spesso i gruppi di invitati, sono fotografati
secondo le stesse modalità. In generale l'evoluzione di questa tecnica,
se ben eseguita, permette di ottenere oggi risultati artistici di alto
livello. N.B. Una piccola precisazione: l'espressione “non naturale” in
questo contesto non è intesa secondo un’accezione negativa ma
semplicemente come una caratteristica.
- Lo stile “fotogiornalistico”, (denominato spesso
“reportage”, o più impropriamente “non in posa”), contempla le tecniche
di ripresa omonime che permettono di fotografare il matrimonio in
tutte le sue naturali sfaccettature filtrate talvolta dalla vena
creativa del fotografo che ne accentua alcuni tratti. Gli invitati sono
ripresi in gruppo o individualmente, ma sempre durante lo svolgimento
di un’azione significativa. Se considerassimo invece una narrazione
senza pose ma rigorosamente oggettiva saremmo in presenza di fotografia
documentaristica.
Di queste due grandi macrocategorie parleremo più diffusamente nei prossimi articoli.
No comments:
Post a Comment