Thursday, May 16, 2013

Servizio fotografico: la differenza tra gli stili (pubblicato su Matrimonio.it)

di Gianfranco Catullo
 
Qual è il genere di fotografia che più si addice al mio matrimonio? Quale fotografo riuscirà a ritrarre la mia posa migliore? E ancora, saprà cogliere i momenti più significativi della festa?
Sono queste le domande più frequenti che le coppie (o forse più precisamente le future sposine) si pongono. Dare una risposta a queste domande diventa oggi piuttosto difficile, forse proprio a causa di un'offerta sin troppo ampia e variegata. Allora proviamo a mettere un po' di ordine tracciando delle linee guida in
questo mare magnum. La fotografia di matrimonio ha origini piuttosto antiche e la si fa convenzionalmente risalire al 1840, data del matrimonio dei regnanti Alberto e Vittoria  d'Inghilterra, anche se a partire dal 1820, qualche esperimento c'era sicuramente già stato. Si trattava di fotografie statiche, per niente naturali e in genere molto austere. I generi, le tecniche e le attrezzature, per nostra grande fortuna, da allora si sono enormement evoluti, e così anche il mercato. Ma gli stili? Tassonomizzare in maniera rigorosa gli innumerevoli stili fotografici risulterebbe pressoché impossibile, dunque mi limiterò a citare i due che ritengo più significativi e maggiormente inclusivi.



- Lo stile "classico", definito in maniera generica  “ritrattistico” o “in posa”.  E' chiaramente previsto che gli sposi rivolgano lo sguardo verso l’obiettivo, che sorridano o comunque assumano posture ed espressioni indotte e non sempre naturali. Anche gli invitati, o più spesso i gruppi di invitati, sono fotografati secondo le stesse modalità. In generale l'evoluzione di questa tecnica, se ben eseguita, permette di ottenere oggi risultati artistici di alto livello.

Una piccola precisazione: l'espressione “non naturale” in questo contesto non è intesa secondo un’accezione negativa ma semplicemente come una caratteristica.

- Lo stile “fotogiornalistico”, (denominato  spesso “reportage”, o più impropriamente “non in posa”), contempla le tecniche di ripresa omonime che permettono di fotografare il matrimonio in tutte le sue naturali sfaccettature filtrate talvolta dalla vena creativa del fotografo che ne accentua alcuni tratti. Gli invitati  sono ripresi in gruppo o individualmente, ma sempre durante lo svolgimento di un’azione significativa.

In verità questi due stili non sono "chiusi", anzi in molti casi si incontrano e contaminano. Potremmo infatti aggiungere dei sotto-stili derivati dal mondo della moda e della fotografia in studio, che vanno ad arricchire lo stile "classico" di cui abbiamo accennato poc'anzi. Personalmente ho addirittura sperimentato tecniche di macrofotografia durante un matrimonio. Già, anche le scritte all'interno delle fedi o particolari di fiori e tappi possono arricchire il risultato finale di un servizio fotografico moderno.


Quali sono i tre stilemi principali che contraddistinguono la fotografia classica di matrimonio? Senza ombra di dubbio: la posa statica, la cura dei dettagli e l'illuminazione controllata. Come accennavo nel precedente articolo, la posa statica può, e quasi sempre diventa, non naturale. Ma questa caratteristica non è da considerarsi sempre come un difetto. Chi mi legge da qualche tempo sa bene quanto prediliga il fotogiornalismo di matrimonio, che poi è il genere da me maggiormente praticato e insegnato, anche se negli ultimi tempi ho ampiamente rivalutato e per quanto possibile, rivisitato,  la fotografia classica. Ci sono quindi le "solite" pose, in cui si chiede spesso alla coppia di volgere lo sguardo verso l'obiettivo oltre alla solita ricerca del romanticismo a tutti i costi. 

Ma perchè, invece, non movimentare il tutto? Si può ad esempio far camminare gli sposi, consigliando loro un percorso o un'andatura e poi gli si chiede di improvvisare uno sguardo o un'espressione. Il più delle volte funziona e se la coppia è abbastanza rilassata o affiatata, il risultato pur non nascondendo la sua natura artificiosa diventa tutt'altro che innaturale. Poi, sempre con una discreta dose di complicità, si può provare qualche posa, usando un controluce per le silhouette oppure uno schema complesso di illuminazione con due o tre flash comandati a distanza. Per uscire dalle pose classiche è sufficiente cercare un'inquadratura differente, dove i soggetti sono decentrati a favore di un particolare significativo o puramente estetico presente sul luogo. 

Il massimo, per me, è nascondere quasi completamente gli sposi  o renderli piccoli grazie ad una prospettiva esasperata, così da indurre lo spettatore a cercarli nella foto. Le migliori locations saranno quelle caratterizzate da molti elementi architettonici come finestroni, porte e dettagli colorati. Interessante la possibilità di disporre di un cielo terso possibilmente con nuvole, soprattutto nelle giornate ventose che conferiscono dinamismo a vestiti e capelli.  Anche una normale strada trafficata e con molta gente potrebbe fungere da palco, purchè si sfrutti una buona idea che rafforzi adeguatamente il concetto di coppia tra la folla.  Mi limiterò a fissare qualche punto:

1) Questo genere è potenzialmente rivolto a tutte le tipologie di coppia, a patto che mostrino un minimo di collaborazione. Diversamente il fotogiornalismo sarà la scelta più adatta.

2) La percentuale di scatti effettuata con questo stile non deve superare il 10% dell'intero servizio. Aggiungo inoltre che il tempo impiegato per la sessione di scatto non deve assolutamente sequestrare gli sposi per ore. Direi che una buona mezz'ora o poco più possa risultare ampiamente sufficiente allo scopo.

3) Ci devono essere pose realmente artistiche e originali, in caso contrario si rischia di scadere nello stereotipo o peggio ancora in uno smielatissimo romantic mood. Non mi stancherò mai di ripetere, infine, che il fotografo è una sorta di guida e soprattutto un amico con cui condividere i molti momenti di un giorno così particolare qual' è appunto il matrimonio. La sessione di scatto, o per dirla con un anglicismo, la "shooting-session" deve essere necessariamente concepita come una passeggiata rilassante, nulla di più.

Eccoci finalmente a parlare del reportage di matrimonio. In particolare, mi riferirò al fotogiornalismo di matrimonio. Si tratta di una evoluzione del reportage, al quale aggiunge un approccio più sofisticato e spunti artistici maggiormente evocativi e spettacolari.


Questo genere fotografico è scarsamente propenso a ritrarre soggetti statici e che non fanno nulla. Vuole infatti descrivere una situazione, nel nostro caso il matrimonio, attraverso una serie di immagini che lo caratterizzano fortemente, o esplicitano un lato del carattere degli sposi e degli invitati. Qualche foto esagerata o fuori dagli schemi, se utile a rafforzare il messaggio che vogliamo comunicare, è sicuramente concessa. E non basta dire soltanto "fotografia non in posa" per essere fotogiornalisti di matrimonio perchè bisogna prima di tutto avere bene in mente che tipo di immagine si vuole realizzare per comunicare qualcosa e successivamente impaginarla (e a volte corredarla di musiche e testo) in maniera adeguata.

Bisogna cioè sempre pensare di dover raccontare una storia attraverso un numero limitato di immagini pubblicate sulle pagine di un giornale o (nel nostro caso) di un libro fotografico che sarà letto da chiunque. Nonostante questa tipologia di ripresa sia riservata principalmente alle coppie che non amano mettersi in posa, la consiglierei praticamente a tutti.

Non dimentichiamoci infatti che se il risultato ottimale lo si ottiene fotografando una festa con molti invitati, lunghi balli e intermezzi scherzosi, anche una cerimonia più intima, silenziosa e romantica può diventare il giusto palco di un favoloso reportage fotogiornalistico. Personalmente adoro le fasi preparatorie a casa degli sposi, come il trucco o la "vestizione" vera e propria. E' qui che molto probabilmente si percepirà l'essenza della giornata. La tensione, i sorrisi ma molto spesso anche le lacrime riveleranno i sentimenti dei futuri sposi e dei loro cari ancora prima che la cerimonia abbia inizio. E tutto ciò sarà trasposto in un autentico viaggio fotografico che conserverà la propria linfa vitale nel tempo, trasmettendo le stesse sensazioni avvertite casomai cinquanta anni prima. E in fondo la missione del fotografo è proprio questa.

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